Archivio mensile:marzo 2023
Dante per gli studenti dei “Classici in strada”


Lo scorso 9 marzo, nell’aula magna del Liceo “De Cosmi” di Palermo, nell’ambito dell’iniziativa “Classici in strada” che coinvolge una rete di scuole, ho incontrato gli studenti di quella scuola in presenza, ma anche gli studenti della rete in remoto, per affrontare il tema dei fiumi nella Divina Commedia col prezioso supporto iconografico della collega Laura Mollica, moderatrice dell’evento e coautrice con me del testo “Dante parla ancora?” edito nel 2021 da Di Girolamo. Riassumo qui il contributo offerto alle ragazze e ai ragazzi di quella scuola.
All’interno della Commedia è presente tanta geografia fisica, ovviamente per quel che riguarda l’Inferno e il Purgatorio. Si tratta di una geografia dell’anima, per la quale i singoli elementi si configurano in relazione a dimensioni esistenziali che il poeta vuole via via mettere in luce. Il fiume rimanda certamente al dinamismo della vita umana, con il suo scorrere placido o strozzato, col suo straripare o inaridirsi o ancora ghiacciarsi.
Quattro sono i fiumi infernali: Acheronte, Stige, Flegetonte e Cocito.
L’Acheronte è il fiume che evoca la transizione da una condizione ad un’altra. Per Dante, che non è ancora morto, si tratta del passaggio dalla vita ordinaria all’inferno propriamente detto, che è inferno dell’animo, scavo tra le proprie fragilità, contraddizioni, criticità. Passaggio difficile, che richiede volontà e coraggio, ma che Dante effettua in modo inconscio, perché egli non salirà mai sulla barca di Caronte con le altre anime, ma si ritroverà “guadato” inconsapevolmente. Infatti il testo evoca un vero e proprio terremoto che determina lo svenimento del viaggiatore ed il suo ritrovarsi sull’altra riva del fiume senza accorgersene.




Lo Stige è vera e propria palude fangosa, che vede iracondi e accidiosi immersi in una pozza lurida. I primi si dilaniano vicendevolmente, mentre i secondi risultano sommersi dal fango e riescono appena a farfugliare qualcosa facendo gorgogliare la palude. Sono vite che ristagnano in modo putrido, vite avvelenate dall’ira esplosa e dall’ira implosa. Sono vite degradate, che non riescono più a “scorrere” e restano impaludate in un’acredine eterna, senza respiro. Vite paralizzate.



Il Flegetonte è il fiume che scorre ribollendo di sangue, metafora dell’animalità cui si riducono i violenti. Violenti contro il prossimo, contro se stessi e contro Dio. Il Flegetonte, col suo sangue, avvolge tutte le violenze di cui è capace l’uomo.



La vita che non scorre più perché è cristalizzata nel ghiaccio è rappresentata dal Cocito, il fiume-lago di ghiaccio in cui sono sommersi i traditori. Per Dante tradire è come cessare di vivere, immobilizzare l’anima in uno stato di gelo permanente, reso tale peraltro dal continuo battito d’ali dell’enorme Lucifero conficcato al centro della terra.



Il Purgatorio ha due fiumi, entrambi provenienti da una sorgente divina: il Lete e l’Eunoé. Dante si immerge in essi nel Paradiso terrestre perché la sua purificazione e disposizione a salire alle stelle avvenga con un doppio passaggio, l’oblio dei propri peccati, col superamento del senso di colpa, e la memoria del bene compiuto. Dante ha attraversato gli inferni della propria anima imbattendosi nei fiumi infernali, che, al contrario di quelli purgatoriali, erano tutti originati dalle lacrime del Veglio di Creta, come spiega il maestro Virgilio.
I fiumi del Purgatorio sono necessari per restituire a Dante la piena umanità, tant’è vero che dopo l’immersione, quasi battesimale, nel Lete, Dante è consegnato a quattro fanciulle danzanti che rappresentano le quattro virtù cardinali, ovvero il requisito della piena umanità.




Dalla metafora del fiume non è esente neppure il Paradiso, che verso la sua conclusione pone davanti ai lettori la fiumana di luce che approda alla candida rosa, luogo della festa di tutti i beati.
Dai fiumi di fango o sangue al fiume di luce, il rapporto di Dante con i fiumi si configura quale rapporto con le varie sfaccettature della vita umana. L’Acheronte rappresentava il doloroso transito verso l’abisso del proprio dolore, mentre il fiume paradisiaco rappresenterà la capacità di Dante di sapere contemplare la bellezza.
Annamaria, compagna di strada

Se n’è andata inaspettatamente Annamaria Adamo. Il dolore è grande. E il ricordo è doveroso. La ricorderanno in tanti preside della scuola media “Piazzi”, ma anche formatrice, esperta in processi cognitivi e disabilità. Una figura storica per la scuola siciliana, una donna militante, vibrante di spirito democratico, attenta alla politica e al sociale. Una donna di sinistra.
Per me Anna è stata una compagna di strada. Nel 1997 la presidente del CIDI Cristina Morrocchi volle rinnovare il Direttivo e chiamò lei e me a farvi parte. Ci conoscemmo in quell’occasione. Assunsi poi la presidenza del CIDI di Palermo dal 2004 al 2012 e la chiamai perché volevo che rientrasse (anni prima ne aveva fatto parte). Fui insistente. E cedette. Avevo bisogno della sua scienza e della sua esperienza e volli che mi affiancasse come vicepresidente. Una dirigente che fa la vicepresidente di un docente era davvero un paradosso. Solo lei poteva produrlo. Umile, fedele, preziosa sempre. Nel 2007 il CIDI rimase senza sede, e con generosità offrì la scuola che dirigeva. Tutt’ora la Piazzi è la sede del CIDI.
Otto anni gomito a gomito. Brutto carattere, si diceva qua e là. Certo, in tempi di politicamente corretto e di buonismo mieloso in cui non si riesce più a dire soggetto predicato e complemento senza giri di parole, Anna era un brutto carattere. Ma per uno come me era perfetta, perché sapevo sempre quel che pensava. Non la mandava a dire.
Con lei il CIDI di Palermo ha acquistato forza e prestigio, e a lei il CIDI attuale deve tantissimo. Per anni ha messo a disposizione delle docenti e dei docenti palermitani la scienza di Mauro Di Mauro, esperto di scienze cognitive e di metodo Feuerstein alla Ca’ Foscari di Venezia. I suoi corsi, frequentatissimi, hanno ispirato la didattica inclusiva di tanti insegnanti prima dell’invasione di BES e conseguenti PDP che hanno ormai ospedalizzato la scuola a causa della sfiducia dei genitori nella capacità inclusiva della stessa.
Compagna di strada. Di quelle che puoi voltare le spalle senza temere nulla. Di quelle che ti proteggono senza fartelo capire ma tu lo capisci lo stesso. Uno spirito apparentemente spigoloso, ma capace di infinita dolcezza e sconfinata generosità, come ben sanno i suoi familiari. Aveva una speciale sensibilità umana per tutte le forme di svantaggio e disabilità, come ben ricorderà il comune amico Maurizio Gentile. Legatissima ad Alessandra Siragusa, altrettanto a Giancarlo Cerini, figure che questo blog ha ricordato e che resteranno per sempre nella memoria della nostra scuola. Proprio come la nostra – e mi piace chiamarla come la chiamavano tutti – preside Adamo. Ciao Anna.







