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Lo Stato con la schiena dritta

Negli Stati di diritto il patto tra cittadini e istituzioni prevede che ai primi venga garantita dalle seconde la protezione da qualsiasi violenza. I cittadini consegnano la loro forza allo Stato PERCHÈ LA ESERCITI se le leggi lo richiedono. Senza se e senza ma. Non voglio uno Stato che tratti o che consideri o che ritenga questo e quell’altro. Poiché ho rinunciato alla mia forza, di fronte alla violenza voglio uno Stato forte. Più forte dei violenti. Che adotti ogni strumento previsto dalla legge per mettere i violenti nelle condizioni di non nuocere. Che fornendo tamponi gratis non faccia pagare alla collettività il narcisismo delirante di chi non si vaccina. Che sbatta in galera chi pratica fascismo o blocca il Paese per rivendicare il diritto a farsi i cavoli propri, non chi sbaglia metodo per salvare le vite umane.
Questo è il momento di dire queste cose sul muso di coloro che ci rappresentano. Una democrazia che si cala le braghe costringe i suoi cittadini a vivere in un regime.
Un libro necessario ed esemplare
Ci sono libri che a leggerli danno soddisfazione. È il caso di Homo sum (sottotitolo: Essere “umani” nel mondo antico) scritto dal classicista Maurizio Bettini e pubblicato da Einaudi del 2019. E la soddisfazione aumenta nel passare in rassegna le persone che hanno contribuito, per esplicita ammissione dell’autore, alla realizzazione di questa perla di enorme valore culturale, figure di studiosi del meridione, ed in particolare palermitani a me cari come Isabella Tondo, Andrea Cozzo e Giusto Picone.
Il contenuto è pregevole di suo. Bettini esplora il senso di umanità dei Greci e dei Romani alla luce della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e soprattutto alla luce della politica salviniana di chiusura ai migranti che era attiva – e da lui radicalmente esecrata – nel momento in cui scriveva. Tanti spunti di riflessione, tante testimonianze provenienti dalla classicità e anche dall’ humus biblico cristiano. Si legge di un fiato e si gode di ogni parola.
Ma la bellezza non si ferma qui. La bellezza continua con l’approccio di Bettini al suo stesso sapere. Mai accademico, mai paludato, mai pedante, come quello che ahimè si vede nelle facoltà umanistiche e – ancora più ahimè – nei nostri licei classici. L’approccio di Bettini al mondo antico resta quello che consente allo stesso di rivelarsi davvero come fondativo: è l’approccio culturale. L’unico cioè in grado di rendere feconda quell’ esperienza perché capace di leggere il contemporaneo e dal contemporaneo farsi rileggere. C’è filologia, diritto, storia e letteratura, ma tutto rifluisce in cultura e in passione civile, quella che lo stesso Bettini riconosce a coloro che lo hanno sostenuto nel lavoro.
È un libro che parla dell’umanità con umanità. Con rigore di studio, chiarezza espositiva e desiderio di giovare. Per questo è un libro educativo. Non solo per i temi che tratta, ma anche e soprattutto per quel modo di far rivivere le testimonianze antiche che davvero convince dell’irrinunciabilità dei Greci e dei Romani molto più delle trite lamentazioni di docenti liceali che ti metto quattro perché non mi hai saputo ripetere l’aoristo.
Due spunti, di contenuto e di metodo, voglio lasciare qui per invitare a questa godibilissima lettura. Il primo riguarda la sostituzione del costrutto “diritti umani” con “doveri umani”. È il filo rosso che percorre il testo, ed è un chiaro mutamento di paradigma che gli antichi ci consegnano. Il secondo è un monito che riguarda le sorti dell’insegnamento della classicità e va rivolto soprattutto agli insegnanti più giovani, il cui zelo pedante troppo spesso rischia di mettere a repentaglio proprio ciò che quello zelo vorrebbe mantenere: “I tempi sono molto cambiati da quando le letterature classiche potevano, o dovevano, essere considerate solo un elegante patrimonio di figure poetiche o letterarie” (pag. 106).
Questo libro ci riporta a quell’umanesimo civile, di matrice dantesca, che considerava la cultura (costitutiva dell’ humanitas latina) quale nutrimento della vita civile e politica, quel che oggi viene chiamato dalla retorica ministeriale cittadinanza. Credo necessario che ognuno lo legga, e forse non solo una volta. Basterà il solo primo capitolo, che rivisita il primo libro dell’Eneide e l’accoglienza riservata ai profughi troiani dalla regina Didone, per fare venire voglia di arrivare fino alla fine.
Giustificare o non giustificare: questo il dilemma…..
Talvolta la vita scolastica é noiosa e si sente la necessità di movimentarla. Poi tutto ritorna alla bonaccia di prima. Adesso impazza la questione delle assenze giustificate o meno per la partecipazione alla manifestazione pro ambiente del 27. A partire dalla circolare ministeriale, che giustamente può esortare ma non disporre, si é scatenato il toto-giustificazione. Si invocano delibere dei collegi, partecipazioni in qualità di “uscita didattica” e ancora se ne vedranno di proposte…..
Onestamente viene da solo da chiedersi: ma di che si parla? Di un’assenza a scuola? Ma é una questione di sostanza o di principio? Se é di principio, allora si capisce perché tutti si affannino a volere de iure l’assenza non contabilizzata come tale. L’ha detto il Ministro! Quindi una non-assenza. Insomma, quella mattina tra chi sta a dormire e chi va al corteo nessuna differenza. Ora, invocare il pezzo di carta del genitore con la causale “per corteo” appare alquanto ridicolo per ragioni elementari che possono sfuggire soltanto a chi ha messo piede a scuola da un giorno. Se invece la questione é di sostanza, scommetto cene con chicchessia che nessuno studente italiano si ritroverà a fine anno scolastico con il monte-ore di assenze sforato solo per quel famigerato 27 settembre! Sarà cura dello studente semmai, quel giorno in cui avrà voglia di “buttarsela”, evitare di farlo per non sforare….
Il Ministro ha indicato un valore. E lì i suoi poteri si fermano. Convocare un Collegio per deliberare la liceità dell’assenza mi parrebbe ai limiti del grottesco. Negare il diritto allo studio agli alunni che democraticamente non ritengano quel giorno di partecipare al corteo mi parrebbe altrettanto discutibile. Cosa rimane? Non avendo il MIUR indetto ufficialmente “vacanza”, rimane che gli alunni più sensibili vadano al corteo ed i loro genitori firmino la giustificazione. Poi magari in classe di tutto questo se ne farà una bella attività didattica per chi ci é andato e per chi non ci é andato. I docenti loderanno, i dirigenti loderanno, i genitori vigileranno sulle assenze successive e a fine anno scolastico avere fatto 22 o 23 giorni di assenza non interesserà più a nessuno…….
Per ricordare, riaffermare, resistere
Abbiamo assistito negli ultimi tempi a pronunciamenti deliranti e cialtroni sulla presunta “apoliticità” degli insegnanti. Non c’è invece soggetto più politico di chi abitua bambini e ragazzi a pensare, a leggere, a criticare, a spiegare le regole della politica.
Dal CIDI di Palermo uno squillo di tromba:
LIBERI DI IMPARARE, LIBERI DI INSEGNARE
seminario di studi per docenti e dirigenti
Mercoledì 2 ottobre mattina e pomeriggio
Palermo, Educandato “Maria Adelaide” in corso Calatafimi
Scarica il programma
Fare gli insegnanti in Sicilia
Questo articolo di Concita Di Gregorio, che leggete sotto, mi mette addosso profonda tristezza per essere un insegnante di questa regione, dove può accadere quello che é accaduto. Vorrei che riflettessimo tutti noi, insegnanti siciliani, su quello che é successo e su quello che può succedere ancora se le istituzioni scolastiche locali – piuttosto che alzare lo sbarramento a nostra difesa –
ci osservano con lo sguardo col quale é stata osservata la collega Dell’Aria. Invito soprattutto gli amici di tutti i sindacati e di tutte le associazioni (dei dirigenti, dei docenti, delle famiglie, degli studenti) ad essere davvero capaci di neutralizzare questa inquietante possibilità inquisitiva. Ma anche le colleghe e i colleghi che hanno una qualche parte ai piani alti della scuola siciliana – ex docenti ed ex dirigenti – e che trascorrono le giornate ad occuparsi del mitico Sistema, di ricordarsi del tempo in cui anche loro hanno vissuto la trincea dei banchi di scuola ed il profumo della libertà. Il vero Sistema é il sistema della libertà e della democrazia. Tutto il resto, senza democrazia e libertà, diventa banale chiacchiera tecnocratica che serve soltanto a giustificare l’esistenza degli Apparati misurativi e valutativi. Alzino la testa anche loro, e si uniscano a tutti noi, se lo ritengono opportuno. Pagando i prezzi che serve pagare e che, dato il clima, é verosimile che si paghino, in questo momento così buio per tutti.
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LA REPUBBLICA 18.5.2019
E allora sospendeteci tutti
di Concita De Gregorio
Allora sospendeteci tutti. Così mi scrivono decine di insegnanti, oggi – le tanto dileggiate «insegnanti democratiche» che per due soldi mandano avanti la scuola, fronteggiano la povertà del tempo, educano i nostri figli, spesso prese a botte dai figli medesimi o dai loro genitori e che in definitiva sono l’unica risorsa su cui un Paese che abbia a cuore se stesso dovrebbe investire. Se non possiamo insegnare la storia, dicono, se quando lo facciamo – fuori dai nuovi modernissimi e lungimiranti programmi ministeriali – corriamo il rischio, effettivamente lo corriamo, che i ragazzi la imparino e che poi addirittura la mettano in relazione con la loro vita, con le notizie del giorno che arrivano sui loro schermi, e che addirittura si azzardino a confrontare, a ragionare, a dire: guarda, questo somiglia a quello.
Ecco: se avete sospeso Rosa Maria Dell’Aria, 63 anni, insegnante di italiano da quaranta – trenta dei quali spesi all’istituto tecnico Vittorio Emanuele Terzo di Palermo – allora sospendeteci tutti.
Mandate la Digos in tutte le scuole, come avete fatto a Palermo. Controllate i registri, fatevi mostrare i compiti in classe. E se trovate un tema che accosti il passato al presente esponetelo alla pubblica gogna, individuate l’insegnante che ha «omesso il controllo» sulle intelligenze e impeditegli di tornare in classe, tagliategli lo stipendio.
Anzi, si augura la sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni, bisogna che costui sia «cacciato con ignominia e interdetto a vita dall’insegnamento. Ho già avvisato chi di dovere». Attenzione alle parole. Cacciare con ignominia, modalità umiliante del cacciare, e interdizione a vita, ergastolo. Chi di dovere (cioè chi?) è pronto all’azione – sorride la sottosegretaria leghista come sorrideva quando disse, 2 luglio 2018, a un mese dall’insediamento al ministero: «Non leggo un libro da tre anni». Così si fa, se vuoi governare il Paese. In specie se governi la Cultura.
È la più buia e sinistra delle “notizie del giorno”, questa che vede un ufficio scolastico provinciale intervenire con un’istruttoria in una scuola – interrogatori, verbali – e punire la docente i cui studenti hanno realizzato un lavoro che mette in relazione le leggi razziali del ’38 con il decreto sicurezza del 2019. Rastrellamenti, deportazioni, sgomberi.
Allora come oggi. Le quote di ebrei in fuga da accogliere (conferenza di Evian del ’38) e le quote di migranti da “assorbire” (Vertice di Innsbruck del 2018). Che altro deve fare la scuola, o d’ora in avanti lo indica la Digos?
Sono quotidiani gli alert su Fb – i balconi, gli stand, gli striscioni alle finestre –gli elefanti rosa che ogni giorno invadono il dibattito pubblico al quale, come in una leva obbligatoria, siamo tutti costretti a prendere parte pena l’accusa di omertà, reticenza, il sospetto di connivenza silenziosa con l’uno o con l’altro. Vota, metti like, scrivi un post. Forme di distrazione di massa, certo. Quel che davvero conta accade dove non si vede, è vero. Chi governa, specie se non governa, ti vuole impegnato altrove. L’indignazione permanente si scarica d’effetto, diventa un rumore di fondo: bene così. Però attenzione, ci sono momenti in cui il sistema di propaganda sbaglia mira e il giocattolo del giorno rivela la sostanza. La scuola ad esempio. Le mani sulla scuola. A poter studiare ancora la storia ci sarebbero precedenti da ricordare. Il giuramento dei maestri elementari del ’29. Quello richiesto ai professori universitari, nel ’31. Chi non giura sia radiato a vita, cacciato con ignominia. Vale la pena guardarla negli occhi e ascoltarla, la professoressa Rosa Maria dall’Aria. Andrà in pensione l’anno prossimo. Dice: «Ho dedicato tutta la vita alla scuola. Sono amareggiata, ferita. È come se il mio lavoro non fosse un lavoro». Non è solo cosa dice, è come lo dice. Le mani giunte, l’umiliazione. Ma come si è arrivati a questo?
Un tweet. Tutto nasce dal tweet di un’attivista di destra (si definisce sovranista, vive a Monza, chissà se è una persona o un algoritmo) che si rivolge al Miur. Scrive che «la prof ha obbligato i quattordicenni a dire che Salvini è come Hitler».
Si vede che il Miur monitora i profili Twitter di noi tutti, nelle pause del lavoro indefesso di ripristino dell’edilizia scolastica, di approvvigionamento delle dotazioni davvero indispensabili nei bagni, nelle palestre e nelle aule, di aggiornamento dei programmi scolastici e dei docenti.
Insomma il Miur avvia l’indagine sulla base del tweet e chiede l’intervento dell’ufficio provinciale, che si attiva. I ragazzi della seconda E indirizzo informatico hanno fatto un lavoro di gruppo – power point, da proiettare in aula magna – in occasione delle giornate della Memoria e del Migrante.
Mettono in relazione le leggi razziali e il decreto sicurezza: immagini a confronto, dati, osservazioni coerenti e pertinenti. In due occasioni, essendo egli ministro dell’interno in carica, si vede nelle immagini Salvini. Mi scrive Maria Morelli, insegnante di Lettere al liceo Parini di Seregno. «Ho da qualche giorno raccolto l’invito del mio preside ad accompagnare 26 studenti a una conferenza organizzata dalla Cisl di Monza-Brianza dal titolo: Il diritto contro i diritti. 1938-2019, sottotitolo: Scusate se non siamo affogati.
La conferenza è programmata per il 24 maggio, ma già dalla presentazione degli interventi (ricercabile facilmente su internet) appare chiarissimo l’accostamento delle leggi razziali del 1938 con il decreto sicurezza». Presto.
Anche alla Cisl Monza-Brianza bisogna mandare la Digos.
La ragione per cui Rosa Maria dell’Aria è stata sospesa è «omesso controllo». Tuttavia la legge sull’attività di controllo degli insegnanti fa riferimento all’incolumità fisica degli studenti, non al lavoro didattico – naturalmente e ancora fino ad oggi. Si potrebbe in alternativa lamentare che la prof abbia fatto propaganda politica in classe, ma non è neppure questo il caso. «Ho sempre rispettato le opinioni di tutti, il libero pensiero: è questa la finalità di un insegnante», ha detto accorata: «Non ho mai avuto alcuna intenzione di fare politica». Aggiunge Alessandro Turi, studente rappresentante di istituto: «La professoressa Dell’Aria si è limitata a fare una lezione sul fascismo e sull’Olocausto.
Sono stati gli studenti a realizzare il video e ad accostare le leggi razziali e il decreto sicurezza del ministro Salvini, esprimendo una loro personale e legittima opinione». La prof ha fatto il suo lavoro, i ragazzi il loro compito. Molto bene entrambi, aggiungo di mio. Lo chiedo ai garanti della Costituzione, al presidente Mattarella. Non è questa la funzione della scuola? I docenti sono la colonna vertebrale del paese: quante volte lo abbiamo sentito dire nelle alte stanze? Siamo nelle mani degli insegnanti democratici. Non smettiamo di ringraziarli neppure un minuto per il tanto che fanno per così poco. Se ne sospendete uno, per queste ragioni. Allora sospendeteci tutti.
Farfalle libere
7 MARZO ORE 15,30
VIA RUGGERI, 15 PALERMO
Educativo chiama politico
LA REPUBBLICA EDIZIONE DI PALERMO – 16 OTTOBRE 2018
QUEL PRESIDE FA POLITICA.
DUNQUE VA DIFESO
FATTI E REAZIONI SUGLI EVENTI RECENTI
DELL’ “ANTONIO UGO”
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Vignetta di Laura Mollica