Abitare la complessità

M. CERUTI-F. BELLUSCI, ABITARE LA COMPLESSITA‘, MIMESIS 2020, EURO 13,00

Potrebbe apparire un titolo per specialisti, ma le questioni che pone non possono essere eluse da nessun cittadino, per quanto certamente il lettore implicito debba essere rintracciato tra coloro che hanno responsabilità di cura, di governo, di educazione. Gli autori denunciano il pericoloso affermarsi della semplificazione quale paradigma che tenta di eludere l’incertezza insita nell’idea di complessità.

Sull’idolo del pensiero semplificante il testo si sofferma molto, con riferimenti neppure tanto celati alla politica del nostro tempo, che adotta la semplificazione per intercettare populisticamente il senso comune. “Il rifugio nella semplificazione – si legge – persiste come una tentazione ancora irrefrenabile e spesso risolutiva di stati d’angoscia. Speriamo di poter tutto semplificare, programmare, anticipare con calcoli. Tendiamo a prefissare scopi a breve termine, a circoscrivere il fattore onniesplicativo di ciò che ci accade intorno, a trovare sempre una ‘logica’ (il vero cavallo di battaglia del semplicismo!), nella speranza di scartare o escludere ciò che è contraddittorio, imprevisto, irrilevante, ambiguo. Nella speranza di poter sempre distinguere con nettezza il vero dal falso, il bene dal male” (13).

È indagato il percorso storico che dalla prima modernità, portatrice della razionalità tecnica, è approdato a questo tempo semplificatore, attraversato dai venti dell’antipolitica capaci di torcere il gioco democratico in una direzione che invece la democrazia, per definizione luogo della complessità, non dovrebbe tollerare.

Gli autori auspicano l’avvio di una seconda modernità all’altezza dei tempi, caratterizzata da un nuovo umanesimo planetario, capace di integrare i saperi e di onorare le interdipendenze. La complessità è l’orizzonte del nostro tempo: “Se il metodo cartesiano (prima regola: l’evidenza del vero) fonda il vero sulla certezza e sulla legge generale che consente la previsione, il metodo della complessità apre al possibile, all’imprevisto, alla legge intesa come espressione di un vincolo che limita i possibili, ma che è anche condizione di possibilità” (68).

La scuola è chiamata in causa nel testo. A lei tocca il compito di educare alla complessità e di insegnare la complessità, contro ogni riduzionismo. Alla scuola tocca prendere sul serio il paradigma costruttivistico, che ripugna ad ogni oggettivismo di lettura del reale. È importante che la scuola insegni la contestualizzazione e l’interdipendenza, secondo la lezione di Edgar Morin.  

Gli autori avvertono la persistenza pericolosa del paradigma della semplificazione: “L’influenza del paradigma della semplificazione si manifesta come persistenza, come passato non ancora esaurito, cosicché, nell’attuale tempo della complessità, siamo in presenza di una ‘contraddizione oggettivamente non contemporanea’; nella misura in cui essa si manifesta, invece, attraverso la paura dell’incertezza e della non prevedibilità, con il lutto non elaborato per la perdita dell’universo determinista e del mito del progresso e della perfettibilità indefinita dell’umanità, e attraverso l’angoscia dell’indisponibilità del mondo, si può considerare una ‘contraddizione soggettivamente non contemporanea’” (125).

Pubblicato nel settembre 2020, il libro non ignora la pandemia, ed è difficile che almeno in parte non ne sia stato influenzato.

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