Tutti valutano a scuola

Qualche giorno fa un mio amico, che fa l´avvocato e ha un figlio che l´anno venturo frequenterà la terza media, mi ha rivolto una domanda: «Ma che cos´è questo Invalsi?». È una parola che ormai ha varcato (in uscita, dopo averli varcati in entrata) i cancelli delle scuole e si è andata acquartierando tra le famiglie, che naturalmente, come il mio amico, ci capiscono poco. In realtà solo una cosa capiscono: che si tratta di Qualcosa che viene dal Ministero. Sì, il Ministero entra nelle nostre scuole e si occupa dei nostri alunni attraverso la parola Invalsi.
Veramente anche un´altra cosa l´opinione pubblica comprende: che questo Invalsi crea tensioni. Proteste sindacali, agitazioni dei docenti, malumori degli studenti, insomma non arriva come un ospite gradito. Forse arriva come arrivava l´Esercito o il Fisco nel Sud dopo l´unità d´Italia. Cosa ci vengono a fare questi da noi? Che cosa vogliono questi dello Stato da noi siciliani? Perché ci lasciano nella miseria e poi dobbiamo arruolarci nell´esercito e pagare le tasse?
Si ha l´impressione che anche la pigra opinione pubblica siciliana stia lentamente comprendendo che c´è qualcosa che non quadra nella parola Invalsi. Com´è possibile che lo Stato mi tolga le scarpe e poi voglia vedere in quanto tempo sono in grado di correre i 100 metri?
G ià il mio amico, che però ha un titolo di studio e mastica dottrina giuridica, quando ha cominciato a capire che Invalsi è quella cosa che permette allo Stato di valutare come funzionano la scuola pubblica e i suoi docenti, ha cominciato a fare obiezioni: «Ma che fanno? Tagliano, tagliano, tagliano, rendono il paziente agonizzante e poi gli fanno le analisi? Non è ovvio che starà peggio di prima?». Le famiglie siciliane, si vede bene, fanno fatica a capire questo, perché mediamente non hanno idea di cosa sia la politica scolastica. Si lamentano un po´ quando la scuola – peraltro illegittimamente, come recentemente acclarato – chiede il contributo per la carta e per i detersivi, ma non vanno oltre. Non c´è riscossa civile, davanti al «taglio e vedo come muori» che si abbatte sui ragazzi. Anzi, dobbiamo dire che la stragrande maggioranza delle famiglie siciliane subisce con rassegnazione la mostruosità che è diventata l´esame di terza media (dove ormai spadroneggiano le prove Invalsi, cioè non predisposte dagli insegnanti della scuola).
Invalsi nascerebbe dalla necessità del Centro di controllare la periferia. Vediamo di standardizzare i risultati. Il Centro negli ultimi anni non si fida più della periferia. Gli è venuta la smania valutativa a tutti i livelli: vuole valutare il sistema, misurare gli apprendimenti, certificare le competenze, conteggiare le assenze e, in ultimo, valutare i docenti. Il Centro non vuole farsi sfuggire il sistema, ma nelle sue circolari non può fare a meno di scrivere: «… fatta salva l´autonomia delle istituzioni scolastiche». Ma che roba è questa “autonomia?” Proviamo a dire qualcosa.
Autonomia ormai è diventata parola sospetta in quanto sospettata di autoreferenzialità. C´è chi considera pressoché inutile l´esame di Stato nelle scuole superiori perché i componenti esterni delle commissioni, per buonismo o altro, facilmente farebbero maggioranza con gli interni per lasciar passare chiunque. Come dire: i docenti interni per definizione non sarebbero obiettivi nel valutare i propri studenti.
Ciò è coerente con l´aria che si respira, che sembra tendere a screditare ormai la capacità degli insegnanti di valutare i propri allievi, come mostrano le valanghe di ricorsi da cui sono afflitti i licei maggiori (però in questo caso l´incapacità si manifesterebbe nella cattiveria valutativa: bisogna allora decidersi). Dunque altri, dall´esterno, devono controllare, legittimare, ratificare. Altri a cui però manca ogni requisito per produrre una vera valutazione, che per essere tale deve essere riferibile al contesto in cui ci si trova a valutare.
Il famoso calcolo delle assenze, per fare un altro esempio, che avrebbe dovuto portare alla bocciatura degli allievi con più di un quarto di assenze annue, nelle scuole ha avuto esiti alquanto diversificati, a seconda dell´approccio dei vari collegi docenti alle questioni di cui vado qui discutendo. Laddove si è ritenuto che il Ministero dovesse avere l´ultima parola, i dirigenti e i loro collegi si sono rivelati più ministeriali del Ministero limitandosi a usare la calcolatrice e bocciando gli studenti inadempienti. Congratulazioni. Laddove si è ritenuto di dover considerare le assenze fenomeno di qualcos´altro, su cui occorrerebbe metter mano con risorse adeguate, sono stati attuati dispositivi, peraltro previsti dello stesso Ministero, che consentissero di tenere in carreggiata anche alunni che avessero sforato il tetto massimo. Sì, perché le circolari ministeriali non fanno differenza tra Toscana e Sicilia, come non la fa Invalsi.
E invece le differenze ci sono e fare parti uguali tra disuguali è somma disuguaglianza, come disse qualcuno. Per una popolazione studentesca smisurata, in Sicilia, essere presenti a scuola è un vero e proprio rebus. Famiglie disastrate e assenti, problemi finanziari, degrado sociale, mezzi pubblici inesistenti: tutto questo e quant´altro ogni mattina pesa sulla testa di un esercito di ragazzini prima che essi varchino il cancello della scuola. Molto diverso che in Toscana. Adesso che lo Stato taglia le scuole al di sotto di un certo numero di alunni e rende sempre più complicato andarci, vorrei vedere, in certi paesini, come si applicano le circolari sulle assenze e che cosa dovrebbe rilevare Invalsi sui livelli di apprendimento.
Valutare, in ultima analisi, è un´arte complessa. Valutare studenti poi è già un vero e proprio rompicapo per chi li frequenta ogni giorno. Ma solo chi li frequenta ogni giorno, tra tanti ciechi, ha un solo occhio. Chi si affaccia nelle nostre aule da fuori, sia che porti il nome di Invalsi, sia che si presenti come commissario esterno di un qualche esame finale, per quanto abbia l´incombenza di assumere veste istituzionale e di raccogliere risultanze «obiettive», o ancora, con una certa enfasi, di «abituare gli studenti a essere esaminati», capirà comunque molto poco di ciò che ha sotto gli occhi, perché quel che ha sotto gli occhi è il risultato sofferto di una gimkana difficilissima compiuta dai docenti interni in un modo coerente col loro progetto educativo.
Sono loro, proprio gli interni, che, soprattutto alla scuola media, hanno provato a rimuovere gli ostacoli di cui parla la Costituzione e che, ahimè, il Centro piazza in ogni angolo del loro percorso educativo. Sono loro che hanno dovuto tirar su ragazzi chiamati a studiare solo per il gusto di farlo, senza alcuna prospettiva occupazionale.
«Cosa pensi di fare dopo il diploma?»: questa è la domanda che in questi giorni assolati si sente fare ogni studente siciliano al termine del colloquio d´esame. Forse occorrerebbe non farla più, una simile domanda, e praticare un onesto silenzio su tutte le velleità dei valutatori esterni di ogni genere.

Maurizio Muraglia

La Repubblica, ed. di Palermo 13.07.2011

 

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Informazioni su Muraglia

Insegnante, blogger di servizio

Pubblicato il 26 luglio 2011 su Educazione e scuola. Aggiungi ai preferiti il collegamento . Lascia un commento.

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