Alla ricerca del tempo perduto

La sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, raccogliendo l‘intenzione di tutte le Regioni eccetto l’Emilia Romagna, dice: «Non credo ci saranno aperture prima di Natale, la scuola aperta a spot serve solo a creare vampate di contagi». La sottosegretaria avanza la questione recuperi delle ore perdute: «Anche una buona Dad non è paragonabile alle lezioni in presenza». Il presidente Cirio è al lavoro con l’Ufficio scolastico del Piemonte «per rimodulare il calendario scolastico dell’anno in corso e recuperare dalla primavera». Immagina di tagliare giorni di vacanza dalle festività di Carnevale, Pasqua, 25 aprile e Primo Maggio. Mario Rusconi, Associazione nazionale presidi del Lazio: «Diversi studenti si manterranno in contatto con i docenti sotto Natale». La Uil: «Si può allungare fino a luglio»

(La Repubblica 1.12.2020)

Sembrano tutti serissimi. La sottosegretaria che fa i confronti, il presidente che taglia le vacanze, il preside che vuole mantenuti i contatti a natale e il sindacalista che vuole far lavorare sotto l’ombrellone.

L’appello di cui nel precedente post – che tratta la questione sul piano strettamente didattico/educativo – fa allora parte di un paesaggio generale in cui si fa sempre più forte il rumore di fondo del recupero. Le ore “perdute” nella didattica a distanza, quando l’orario delle lezioni è stato ridotto, vanno recuperate. Da chi? Difficile che debbano essere recuperate dagli stessi ragazzi per la cui salvaguardia l’orario delle lezioni è stato decurtato. Sarebbe davvero un rientro dalla finestra di quel sovraccarico cognitivo che sapientemente era stato (parzialmente) fatto uscire dalla porta. Cosa andrebbe recuperato allora? Con tutta evidenza un mucchietto di ore “non svolte” dai docenti, e a questo punto si dovrebbe capire in che modo, se non con i ragazzi, i docenti dovrebbero recuperarle.

La discussione, già grottesca sul piano didattico-educativo, lo è se possibile ancor di più sul piano professionale. La burocrazia ha i suoi diritti, ovviamente perché si basa sull’esplicito e non si occupa invece di implicito. I docenti hanno lavorato dieci volte di più, e questo è sotto gli occhi di tutti. Basterebbe consultare le loro famiglie per rendersi conto che, tra ore trascorse a preparare percorsi e materiali, ad addestrarsi all’uso di piattaforme o in chat fino a tarda sera a discutere sul da farsi, gli insegnanti dovrebbero vantare un credito gigantesco nei confronti della burocrazia statale piuttosto che sentirsi raccontare pateticamente la favola delle ore da recuperare. La stessa ministra che passa il suo tempo a scrivere lettere di ringraziamento per l’enorme-lavoro-svolto-dai-docenti-bla-bla non sembra occuparsi di questa materia, che lascerà ai suoi burocrati. Lo stesso Rusconi dichiara candidamente che diversi studenti saranno in contatto con i docenti a natale. Bella novità. Rusconi si occupa di scuola o di scacchi? Insomma, tutti ringraziano (verbo che incorpora la parola gratis) e poi passano alla cassa.

Non c’è occasione in cui non si ripresenti il colossale equivoco del lavoro dei docenti. In tempi in cui si autocertifica di dovere andare qua o là, pare impossibile autocertificare che nel giorno tal dei tali dalle ore 16 alle ore 20 (o alle 23 talora) si è lavorato a questo o a quell’altro, perché questo lavoro, con retorica stucchevole, risulta essere “fuori dall’orario di servizio”. Solo che occorrerebbe capire come funzionerebbe la macchina scuola se tale sommerso non ci fosse. Per la burocrazia invece il Servizio è quella firmetta su registro elettronico che indica che stai facendo l’impiegato dalle ore 8,30 alle ore 9,30, prescindendo ovviamente dalla qualità di quel che stai facendo. Pertanto la chiusura (storica) di tutti e due gli occhi sulla qualità determina la vigilanza occhiuta sulla quantità.  Alla faccia della professione docente. Chiamatela impiego docente. Almeno la coerenza.

Se ne uscirà mai? Rattristano e sconcertano anche le dichiarazioni di qualche sigla sindacale che propone di prolungare l’anno scolastico fino a luglio, perché si sa che gli insegnanti in estate non lavorano e se devono recuperare che lo facciano in estate. Se no finisce che non lavorano mai. C’era una volta il sindacato che sosteneva le ragioni dei docenti e si dissociava dal senso comune.

La frutta è servita. 

PS. Cara sottosegretaria, una buona DAD è sempre preferibile ad una pessima didattica in presenza. Si documenti oppure si occupi di Salute.

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Informazioni su Muraglia

Insegnante, blogger di servizio

Pubblicato il 1 dicembre 2020, in Educazione e scuola con tag . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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