Cattivi maestri

Quel che più inquieta dei sette minuti e cinquantanove che vi chiedo di guardare con attenzione sono i dodici secondi di applausi. Il professor Sesta parla di coito e orgasmo pubblicamente ad una platea di persone ignare di quanto dannosa possa risultare, soprattutto dal punto di vista educativo, la rappresentazione dell’atto sessuale proposta.

La visione del professor Sesta, che per sostenere il suo ragionamento si appoggia incessantemente a filosofi e poeti, approda ad una conclusione che a mio parere rende urgentissimo cominciare anche pubblicamente a prendere le distanze da questo esercito di amorologi ed erotologi, tra cui il noto Recalcati, che negli ultimi tempi inondano platee, affascinate dal loro eloquio seduttivo, di teoremi sull’eros e sulla sessualità.

Passo in rassegna rapidamente alcune affermazioni del professor Sesta che questo intervento – ripeto, applauditissimo – ci offre:

Nell’orgasmo l’uomo è “costretto a concentrarsi sul proprio corpo piuttosto che su quello altrui”

“L’orgasmo è il momento in cui il rapporto diventa solitudine”

“L’orgasmo è esattamente il punto più basso del rapporto sessuale”

“Appena arriva l’orgasmo ciascuno dei due ricade su se stesso”

“E’ una sensazione neurofisiologica troppo intensa perché si possa badare all’altro”

Dopo il coito, l’uomo “se n’è andato”

Il coito indurrebbe a “nausea”

“C’è molta più intensità erotica nello sguardo che nel coito”

“Il coito è sempre sospetto”

Esistono miliardi di umani che fanno esperienza sessuale in modo completo fino all’orgasmo. Occorrerebbe davvero chiedere a quanti più possibile se si sentano “soli”, dopo. A sentire il professor Sesta i miliardi di coitanti del passato e del presente farebbero bene a superare la loro concentrazione su se stessi per entrare nello spazio altruistico di “baci e carezze”. Nulla di questo discorso farebbe pensare che questo esercito di persone possa continuare ad amare il loro partner mentre coitano e dopo che coitano. Ciascuno può constatare quanto senso di colpa e quanta frustrazione latenti si annidino nella ricezione di questo pericolosissimo ragionamento: come dire, quel che la natura fa accadere non é cosa buona. Meglio fermarsi prima per santificarsi? Aiuto.

Teorizzare pubblicamente su coito ed orgasmo è molto seduttivo perché solletica il non so che degli astanti, ma anche molto pericoloso, professor Sesta. Presentare questi, che sono approdi naturali (ripeto: naturali) della sessualità, come gesti tristi o in qualche modo egoisti non può avere che l’effetto di svalutare l’umano che è in ciascuno di noi, che restiamo animali razionali. Non angeli, ma animali razionali. L’eticizzazione dell’orgasmo mi appare quanto di più ingenuo e foriero di sensi di colpa possa essere offerto ai nostri giovani. La visione angelicata della sessualità che ne esce non giova se non a chi – come i plaudenti del video – desidera, per ragioni che non è il caso qui di approfondire, una rappresentazione dell’umano idealizzata, e per ciò stesso frustrante. Homo sapiens resta sapiens anche nel coito e nell’orgasmo, professor Sesta. Non solo, ma resta amans. Amans come un umano può amare. Perché gli umani amano in quanto umani, e se il professor Sesta ritiene questo modo di amare per lui insufficiente perché vuole indossare un vestito più stilnovistico, ciò non implica alcuna eticizzazione di atti che nella loro naturalezza sono gioia e pienezza per tantissime persone. Punto culminante, altro che punto più basso. Se i dati di cui è in possesso il professor Sesta – Letture? Esperienza personale? Esperienza raccontata? – gli hanno consegnato invece l’idea di un maschio “che se ne va” o che sarebbe “triste” dopo il coito – ciò che gli fa apparire lo stesso come punto più “basso” dell’atto sessuale – non possiamo consegnare questa visione ai nostri giovani, cui é doveroso narrare l’umano né ridotto a mero animale né ridotto – sì, ridotto – a creatura angelica.

Come disse qualcuno, di quel che non si può parlare sarebbe meglio tacere.

Informazioni su Muraglia

Insegnante, blogger di servizio

Pubblicato il 16 ottobre 2019, in Cultura e società, Educazione e scuola con tag , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 5 commenti.

  1. Questa è gente pericolosa. Non hanno mai “sentito” e non di sono mai sentiti. Se va bene sono “tutto testa” altrimenti son disonesti.

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  2. Gentile Carlo, il mio discorso non contestava l’orgasmo, ma l’idea che esso fosse il “culmine” dell’eros. Questa precisazione è tanto banale quanto decisiva per far cadere le critiche che mi vengono rivolte: Muraglia ha semplicemente confuso il ridimensionamento psicologico dell’orgasmo con la sua colpevolizzazione morale.

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  3. Ringrazio il collega Maurizio Muraglia per le sue riflessioni sul mio intervento. Sono un’occasione per discutere un tema di cui evidentemente non si può tacere – altrimenti lo stesso Muraglia lo avrebbe fatto – e per informare sul contesto di quel mio intervento, che ridimensiona molte delle osservazioni critiche che mi vengono rivolte.

    Il mio discorso, come quello di chiunque altro, può anche essere stato frainteso, e non pretendo di aver detto sul tema, in quei pochi minuti, l’unica cosa giusta nel modo migliore. L’orgasmo e gli scambi intimi sono tanto altro, ben al di là di ciò che ho potuto e voluto evidenziare io. Ma non si può dire tutto in una volta. Proprio per questo, però, dovrebbe esserci, soprattutto fra persone impegnate culturalmente, un codice di carità intellettuale, che vieta di isolare retoricamente singole affermazioni dell’interlocutore – in una sorta di sillabo laico di eresie erotiche – per fargli dire ciò che egli non dice o, peggio ancora, per fargli dire l’esatto contrario di ciò che egli sostiene. Dispiace che una simile operazione venga da un amico. Procedo dunque a un chiarimento di cui, pure, le 140 “ignare” persone presenti quel pomeriggio non avevano avuto alcun bisogno.

    Quella che ho presentato nel video è una delle tante possibili descrizioni dell’atto sessuale, che, nel contesto in cui parlavo – il I Convegno Nazionale di Timologia – richiedeva di concentrarsi sugli aspetti emotivi, e non morali, della sessualità. Visto anche l’ambiente medico al quale mi rivolgevo, ho fatto la scelta di commentare il tradizionale detto – di origine aristotelica – “post coitum omne animal triste est”. Potevo decidere di fare altro, certo. Avrei potuto seguire la corrente, più gettonata, secondo cui l’orgasmo è il culmine dell’atto sessuale. Ma la celebrazione dell’orgasmo come vertice dell’eros è talmente scontata, da rappresentare il punto di partenza, e non di arrivo, di una riflessione sulla sessualità.

    All’interno di questa mia scelta metodologica – certo discutibile, ma legittima – ho sostenuto che, rispetto all’intensità preparatoria di baci e carezze, l’orgasmo produce, dal punto di vista neurofisiologico, un senso di appagamento e di svuotamento che allenta la tensione erotica. Quando perciò dico che “l’orgasmo è troppo intenso per consentirmi di pensare all’altro”, mi riferisco a un livello che non c’entra nulla con il presunto egoismo di chi prova l’orgasmo disinteressandosi del partner. Non mi riferisco cioè a patologia morale ma a fisiologia ormonale. Non c’è psicologo, sessuologo, poeta o essere umano che non lo sappia. Certo, con una differenza di percezione fra uomini e donne, e con una legittima diversità di interpretazioni su ciò che questo può significare in una più generale visione dell’amore. Ma non vedo cosa ci sia di diseducativo nel far notare ciò che sanno tutti. Se chi si limita a ricordare questi elementari aspetti della nostra sessualità è un cattivo maestro, in fondo, lo è perché è a sua volta un fedele allievo della natura, la prima che, a quanto pare, ci abbia dato su questa faccenda pessime lezioni.

    L’ambito pedagogico che Muraglia mi chiede di lasciare alla natura ha però bisogno della cultura. Anche la decisione di lasciar fare alla natura, infatti, è un atto culturale. Siamo animali razionali, certo, ma in un senso che Muraglia fraintende quando mi rimprovera di voler razionalizzare il sesso con una presunta raccomandazione di astinenza dall’orgasmo: che l’orgasmo interrompa un certo tipo di scambio erotico, infatti, non significa che non ne inauguri un altro. Il mio discorso, non a caso, non contestava l’orgasmo, ma l’idea che esso fosse il “culmine” dell’eros.

    Lo sanno bene i sessuologi che hanno in cura persone con problemi di sexual addiction. E cioè di inflazione dell’orgasmo, impropriamente considerato l’unica cosa che conta nelle relazioni intime. Il contesto in cui le mie affermazioni andavano inquadrate era questo. Il moralismo sessuofobo, dunque, non c’entra nuovamente nulla. Se proprio si vuole ricavare un messaggio morale dal mio discorso, potrebbe essere al contrario il seguente: l’orgasmo sessuale è talmente importante, che andrebbe protetto dall’inflazione a cui lo condanna la tendenza ossessivo-compulsiva a trasformarlo nell’unico obiettivo della vita intima. La riscoperta dell’universo di tenerezze che lo prepara, rispetto al quale l’orgasmo appare come un culmine e al tempo stesso come una brusca interruzione, può solo aiutare a viverlo meglio, non certo a metterlo da parte.

    E invece no. Nelle parole di Muraglia, la mia idea che l’orgasmo non sia affatto un culmine rispetto al quale tutto il resto sarebbe solo un “preliminare”, ma la parte di un tutto più ampio, diventa sessuofobia generalizzata. Perché?

    Ho una possibile spiegazione, che in amicizia gli propongo. E cioè che Muraglia mi abbia trasformato in un bersaglio di comodo, nel portavoce di almeno due mondi che egli mal digerisce e in cui mi arruola mio malgrado: per un verso la più rigida tradizione cattolica, e, per altro verso, la nuova moda della pubblicistica erotica incarnata da personaggi come Recalcati.

    Non mi interessa esprimermi sulla mia presunta appartenenza “all’esercito degli erotologi” oggi di moda. Viviamo in un paese libero, in cui è lecito occuparsi di un tema educativo e di interesse pubblico anche se in giro se ne occupano personaggi narcisisti a caccia di audience. Esiste il diritto di occuparsi di determinati temi essendo giudicato per ciò che si dice e si scrive, senza dover essere uniformato a chi se ne occupa in modi simili o in altro modo e che, per ragioni che non mi riguardano, suscita fanatismo, fastidio o semplice stima.

    Per quanto riguarda invece la tradizione cattolica, che si tratti del filtro con cui Muraglia fraintende il mio discorso è dimostrato dal fatto che egli trasforma le mie semplici osservazioni psicologiche in giudizi morali. Un esempio su tutti: “il coito è sospetto”. Dopo averla decontestualizza, Muraglia legge l’affermazione come un manifesto sessuofobico, quando è invece chiaro, per chiunque abbia ascoltato, che il riferimento non era al coito in sé, ma alla sua minore capacità, rispetto al bacio, di rappresentare una prova provata dell’amore (le prostitute, esempio banale, concedono coito ma non baciano). Poi ne possiamo discutere, per carità. Ma non mi si faccia dire ciò che non ho mai detto, e cioè che il coito è indecente.

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  4. Silvio Vitellaro

    Ogni atto umano è associato un senso, un significato. E tale senso dipende dalla cultura di chi agisce, dove maggiore cultura non vuol dire senso più umano. Si va dall’atto bestiale alla continenza angelica. Nessuno può regolamentare il senso da dare all’atto sessuale, così come nessuno può dirmi qual è il senso dell’amore

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