Archivio mensile:novembre 2019
Dieci tesi sul tumore maligno della nostra scuola: il voto in decimi
Manifesto solitario di un prigioniero politico
che beve ogni giorno lealmente la cicuta
- Il voto in decimi non misura alcunché. È una valutazione soggettiva (tautologia) espressa con numeri. Non essendo misura, nessuna oggettività è possibile con un voto in decimi. A meno che non scaturisca da una conversione di punteggi che a sua volta scaturiscano da test a risposta chiusa. Che dicono il dieci per cento della qualità dell’apprendimento.
- Non essendo misura, non se ne possono fare operazioni aritmetiche. Sarebbe come addizionare o dividere parole. I punteggi delle griglie valutative che poi generano voti sono altrettanto soggettivi del voto in decimi. Tant’è vero che prima si decide il voto e poi si “aggiusta” la griglia. Proliferano griglie ma il re é nudo e nessuno lo dice.
- La media aritmetica tra voti in decimi non è prevista da nessun ordinamento e porta indietro le lancette della storia scolastica dell’alunno: una persona anziana è una persona anziana, non è un giovane perché fa media col bambino che era. Se un tempo non sapevi guidare, poi hai guidato così così e oggi sai guidare, nessuno può affermare che guidi così così perché fa media con quando eri una schiappa. La media ha un senso solo per chi insegna in modo accumulativo e non evolutivo. Questo va spiegato ai software dei registri elettronici che chiedono la media e a moltissimi dirigenti e insegnanti che a quei software acquiescono.
- Il voto in decimi si presta al nobile sport dello psicovoto. Data la sua scarsità semantica, è possibile aggiungervi un segnetto, tipo “più” o “meno” o “mezzo” o talora, con effetto comico, “meno meno”. Con tutta evidenza si tratta di piscovoti perché chi li usa non fa altro che gestire relazioni con gli studenti, incoraggiando raffronti inutili e dannosi tra gli stessi. Se avessero un senso qualsiasi comparirebbero in pagella. Da cui invece devono rigorosamente sparire come abusivi.
- Il voto in decimi non è per niente adatto a descrivere competenze, che tutti si augurano di vedere negli studenti, anche quelli che le avversano perché… incompetenti in materia. La conversione dei livelli di competenze in voti è un’operazione priva di senso. Ma la si vede fare dappertutto. Anche in automatico nei registri elettronici, alla cui religione si votano folle di docenti e dirigenti in cerca di algoritmi senza anima.
- Il voto in decimi incoraggia le ambizioni competitive delle famiglie, avvelena i rapporti tra i ragazzi e (non sempre ma spesso) rende ambigue e opportunistiche le relazioni di questi ultimi con i docenti. Una politica scolastica contraria a tutte queste negatività dovrebbe abolirlo per sempre da tutti gli ordini di scuola. Come retaggio arcaico di una scuola da superare. Non integrarlo con altro, né arricchirlo, né spiegarlo: abolirlo.
- Il voto in decimi è diseducativo perché distrae i ragazzi dalla sostanza dell’apprendimento, che è ricerca, evoluzione, ostacolo, errore, e li concentra sulla valutazione dello stesso. Serve solo a tappare le bocche di eventuali contestatori perché in quanto numero ha la parvenza dell’oggettività e dell’esattezza. Miti estranei al processo del conoscere e dell’apprendere.
- Il voto in decimi, con buona pace di qualche docente che nutre ancora ideali di oggettività, non è sintesi di alcunché, perché i processi dell’apprendere ed il successo scolastico non possono essere quantificati e sintetizzati con un numero ma solo descritti e narrati.
- É mille volte preferibile l’ambiguità intrinseca della parola, che apre alla discussione, rispetto all’inganno del numero, che chiude la discussione. Si sa che la discussione è faticosa. Perché c’è il rischio che gli alunni abbiano ragione. Non la vogliono paradossalmente neppure gli alunni, perché ormai irrimediabilmente tossicovotodipendenti senza uno straccio di adulto che li faccia riflettere.
- La valutazione è ricerca, discussione, dibattito, obiezione. E diventa tanto più attendibile quanto più discussa con i ragazzi. Il risultato di una valutazione senza voti numerici lascia la sensazione di incertezza e di apertura. Il risultato di una valutazione con voti numerici lascia la sensazione della certezza e della giustizia, ma resta una sostanziale presa per i fondelli verso i ragazzi. Talmente presi per i fondelli che arrivano a pretenderla pur di scansare la soggettività di docenti di cui non si fidano e di portare a casa il trofeo che nutre i desideri di papà e mamma.
Compie dieci anni questa genialata di Mario Ambel. Riascoltarla ne vale la pena. Ne consiglio la versione audio.