Il discorso sulla scuola
Qual è il discorso sulla scuola? Di cosa si parla quando si parla di scuola? Lo senti nelle spiagge, lo leggi nei siti dedicati, te lo chiedono quelli che ti sanno “competente”. Tutti in qualche modo sono interessati alla scuola, perché genitori, perché insegnanti o perché, più semplicemente, l’hanno fatta da giovani. I giornalisti sono interessati non tanto alla scuola, ma al modo in cui possono fare il discorso sulla scuola a coloro che comprano i giornali. Che vogliono fatto un discorso non troppo tecnico, una cosa che si capisce subito, un po’ semplificata. Le sale dei professori sono vuote in questo periodo. Ma appena si riapriranno, quanti discorsi sulla scuola si faranno tra una campanella ed un caffè. O forse non si faranno, perché nei momenti di pausa bisognerà pur raccontarsi cosa si è fatto in vacanza. Si sa che nelle sale professori il confine tra pubblico e privato è molto labile. Didattica, parrucchieri, registri di classe, spesa al supermercato, circolari, problemi col meccanico si avvicendano costruendo un flusso comunicativo incessante, che, più che un discorso sulla scuola, è un discorso fatto a scuola.
Da quasi un anno (il compleanno lo festeggiamo il 3 settembre) il discorso sulla scuola accoglie un aggettivo, “buona”, che incredibilmente ha suscitato tante e tali di quelle indignazioni da far pensare che forse sarebbe stato meglio usare magari l’aggettivo “possibile”: la scuola “possibile” con queste risorse, con questi edifici, con questi docenti, con questi dirigenti, con questi ispettori e, perché no, con questi decisori politici (ma sarebbe stato troppo!). Invece la buona scuola. Quella che tutti desiderano e che nessuno crede possa essere realizzata da quell’esercito di commi.
Se c’è una cosa che dodici mesi di tormentone hanno prodotto, alla faccia della buona scuola, è occultare del tutto il discorso sulla scuola che si fa tutte le mattine in classe, in quella magica recalcatiana “ora di lezione” dove non si parla di fasi zero, A, B, C, di GAE, di scioperi, di mobilitazioni, di LIP, di referendum, ma si parla di testi, narrazioni, ipotesi, calcoli, immagini, concetti, formule, stati, parlamenti, cellule, clima e quant’altro….E tutti questi argomenti si possono fare malissimo o benissimo. E se si fanno malissimo è cattiva scuola, e se si fanno benissimo è buona scuola.
Sembra che tutti concordino sul fatto che fasi zero, A, B, C, GAE, scioperi, mobilitazioni, LIP, referendum abbiano come scopo ultimo fare imparare meglio gli studenti. Fino a un decennio fa concordavo anch’io su questo. Da qualche anno ne dubito. Oggi sono assolutamente certo che non è così. Si chiama autoreferenzialità, ovvero la cornice che parla di se stessa senza più sapere di che cosa è cornice. Gli studenti, il sapere, la cultura, l’istruzione, l’educazione, che sarebbero, forse, i costitutivi del discorso sulla scuola, sono quelle “cose” che diventeranno “buone” se le GAE, se le leggi, se i contratti, se i precari, se l’organico ecc. ecc., insomma se il gigantesco ufficio di collocamento che si chiama scuola funzionerà a meraviglia, se i sindacati avranno mantenuto la loro ragione di esistenza (tessere), se i partiti potranno dire di fare le riforme epocali, se ciascuno potrà scaricare a tempo indeterminato il cedolino. Visitare un sito dedicato alla scuola oggi, con pochissime eccezioni, equivale a recarsi presso un sindacato. Pochi parlano anche d’altro. E se parlano d’altro vengono presi per scemi o struzzi da coloro che affrontano i veri problemi della scuola. Che notoriamente sono problemi riguardanti il posto di lavoro degli insegnanti.
Da quando sono stato, così si dice, “immesso in ruolo”, nel 1992, il discorso sulla scuola non è mai cambiato granché, con una breve parentesi tra il 1996 ed il 2001, quando sembrò che i tavoli di lavoro (i Saggi di Maragliano ad esempio) facessero il discorso sulla scuola, senza aggettivi, senza punti a capo, senza tre “I”, senza cacciaviti, senza grembiulini e altre pagliacciate politico-mediatiche prodotte da tutti i teatranti che si sono avvicendati al timone della scuola a partire dal 2001. Il discorso sulla scuola: come crescono i nostri ragazzi, quale cultura proponiamo loro, quali modelli culturali veicoliamo attraverso le discipline, come si educa attraverso la conoscenza (i famosi libri bianchi dei primi anni Novanta…).
E’ possibile che tutta la mia carriera di docente starà in attesa del discorso sulla scuola. A lume di naso, se gli déi mi concederanno di arrivarci, potrei andare in pensione nel 2027. Chissà se negli ultimi dodici anni di servizio riascolterò qualche “buon” discorso sulla scuola.
Pubblicato il 24 agosto 2015, in Educazione e scuola con tag Cronache scolastiche, Istruzione, Politica scolastica. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 11 commenti.
Ho letto con piacere il suo articolo segnalato da una mia amica su Facebook. Mi riconosco nelle considerazioni critiche enunciate. I temi del “fare scuola” in tutto il pseudo-dibattito che si è svolto negli ultimi mesi sono stati appena sfiorati in qualche articolo. Il resto è stato solo declamazione retorica ed ideologica di questioni che hanno eluso i veri nodi. Ciò vale tanto
per gli oppositori quanto per i decisori politici che hanno promulgato la “riforma”. Mi farebbe piacere se sullo stesso tema leggesse il mio articolo pubblicato su “pavonerisorse” ed eventualmente mi facesse conoscere il suo parere:
http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/simulare_cambiamento.htm
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Ho letto le tue riflessioni sul “discorso sulla scuola”…
Vedi Maurizio, io penso che il “discorso sulla scuola” – di cui giustamente ti preoccupi – andrebbe accompagnato da un qualche aggettivo che lo caratterizzi e contestualizzi: per esempio il discorso “pubblico” sulla scuola (quello che si fa in una gamma ampia di contesti che tu citi: dalla parucchiera … fino ai social); il discorso “professionale” (quello che si dovrebbe fare nei collegi docenti e nelle altre riunioni ad esso deputate – per legge per contratto o per vocazione); il discorso “politico” sulla scuola (quello che si fa tra Parlamento e Ministero, fino alle Direzioni regionali…)… qualcuno qui vorrebbe distinguere quello “amministrativo” dicendo che non è politico ma sappiamo che non è così: una scelta amministrativa e gestionale è sempre una scelta di politica scolastica…
Ebbene, io penso che uno dei guai più grossi della scuola è che non è più possibile distinguere fra quei tre “discorsi”: si sono spesso assimilati e agglutinati in un solo, insopportabile discorso “mediatico”, per cui oggi distinguere un intervento in aula parlamentare dalla discussione alla macchinetta del caffè o dal provvedimento legislativo… è assai difficile! Già da tempo era così, ma ora lo è in modo eclatante. E forse non solo sulla scuola…
Mentre diversi sono gli scopi, è vero, diversi i soggetti protagonisti, diversa dovrebbe essere l’impostazione, il rigore, la complessità, l’efficacia… di ciascuno di quei tre “discorsi”, possibilmente ciascuno un po’ più seriamente di come avviene…
Poi, come giustamente ricordi, ci sono i “discorsi” fatti in aula, tutti i giorni, ora su ora, da allievi e docenti, ma quelli non sono discorsi “sulla” scuola: sono “la” scuola. E non è una differenza da poco.
Hai ragione: i discorsi “sulla” scuola dovrebbero servire a spiegare, progettare, migliorare la scuola; invece non accade.. Anche perché quei discorsi sulla scuola, tutti, non hanno più la forza e la credibilità per farlo, tranne rare eccezioni cui abbiamo l’orgoglio e forse la presunzione di appartenere. Senza vergognarcene. Anzi, altri avrebbero di che fare un qualche serio esame di coscienza…
Ciao e “buon” anno scolastico, nella scuola reale e nella sua multiforme variabilità quotidiana…
Mario
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Non t’affannare troppo collega, al fondo non si è ancora arrivati. 6 ministri 6 riforme 42 anni di servizio e tanta confusione !
Mi domando se c’è qualcuno che oggi insegnerebbe senza stipendio solo per amore del dare.
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L’ha ribloggato su Speculum Maiuse ha commentato:
Letture…
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Libri bianchi, ah ecco. C’è di che meravigliarsi della tua visione, io vedo una assoluta continuità con il periodo 1996-2001, non per nulla Luigi Berlinguer plaude alla buona scuola.
http://www.worldsocialagenda.org/3.1-Libro-bianco-dell-istruzione/
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Articolo atto a deformare la realtà dei fatti, intellettualmente scorretto e poco giusto nei riguardi della collega ritratta in foto. Noi c’eravamo, abbiamo urlato “vergogna” dalla tribuna del senato prendendoci una denuncia, eravamo fuori sotto il sole e oltre che dai politici ci tocca difenderci da colleghi come lei. La furbizia, caro collega, è la prostituzione dell’intelligenza. Veda di rimuovere quell’immagine e soprattutto non si permetta di minimizzare così le emozioni altrui. Leone da tastiera… Palermitano frivolo. Romina Algozzino massima solidarietà. Brutta bestia la furbizia .
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P.s. Faccia notizia con la sua faccia non con quella degli altri.
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Egregio professor Muraglia, sono la docente precaria ritratta nella foto che lei ha pensato bene di paragonare all’Urlo di Munch. Vorrei sapere come si è permesso di fare un simile accostamento. Io amo il mio lavoro e per farlo mi sono trafserita al nord, come tanti altri. Lotterò fino alla fine per difendere la scuola pubblica e con essa la democrazia. Lei farebbe bene a scendere in piazza, invece di fare il rivoluzionario comodamente seduto davanti al PC. Con ciò la invito a rimuovere la mia foto dal suo blog.
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Probabilmente sono una cinquantacinquenne ancora ingenua ma non trovo offensivo l’accostamento: la disperazione, la rabbia e pure il senso di impotenza mi sembrano sentimenti comuni e ben espressi dalla tua foto e dal quadro. Come è vero che martedì mattina ci saranno colleghi che non hanno praticamente idea di dove stiamo andando e saranno solo preoccupati delle vicende personali, saluti e banalità varie. Intanto un gruppo ha rivitalizzato un comitato, studiato la legge, organizzato future mosse… ma questa è la vita. Auguri e BUON anno scolastico.
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Cara signora Luisa, parla con una che da anni si è trasferita al nord per lavorare, facendo da tappabuchi nei posti che nessuno voleva. La mia lotta non è solo per il mio posto di lavoro, ma per una scuola giusta, che non insegni ai ragazzi ad essere competitivi, ma solidali. L’attacco alla scuola pubblica da parte di un governo illeggittimo è un modo per portarci sempre più verso la dittatura. Prova ne sia il fatto che la stampa di regime mostra ai cittadini solo ciò che fa comodo a Renzi e compagni. Io parlo 4 lingue, quindi no avrei problemi a trovare un altro posto di lavoro (fra l’altra anche meglio remunerato), ma io amo quello che faccio e i ragazzi con cui ho lavorato mi hanno sempre dato grandi soddisfazioni. Il folle piano di assunzioni invece metterà in cattedra gente che a scuola non ci ha mai messo piede, gente che ha scelto l’insegnamento come ultima spiaggia. Ci sarebbero ancora tante cose da dire, ma devo studiare, perchè sto frequentando l’ennesimo corso di specializzazione, che comporta enormi sarcifici in termini economici e non solo. Buon anno scolastico a lei, ma soprattutto ai ragazzi, che sono quelli che pagheranno le conseguenze dell’ottusità di Renzi.
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La collega rappresenta tutti i docenti veri, quei docenti che tengono al proprio lavoro. Mi astengo dal commentare chi rappresenta lei…
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