“T’ho visto, insegnante….” Bilancio di un anno insieme a te

0. Lavorare da insegnante con insegnanti di altre scuole è una sfida rischiosa ma affascinante. Rischiosa perché un pari grado è sempre un pari grado – altra cosa un Dirigente o un Accademico -, affascinante perché se le cose riescono non si tratta di pura teoria. E’ esperienza ragionata insieme, narrazione, inquadramento di pratiche in quadri concettuali che a loro volta sorgono dall’esperire quotidiano. Per questo fa piacere essere chiamati “esperti”. Perché l’etimo rimanda al prova e riprova. E allora la cosidetta formazione in servizio diventa riflessività professionale.

Anche quest’anno, senza etichette né appartenenze, ho corso il rischio di far da accompagnatore a tanti, tantissimi colleghi, di ogni ordine e grado. E anche quest’anno non si può non raccontare la scuola militante, fatta di insegnanti di ogni genere, geniali, creativi, estroversi, diligenti, stakhanovisti, ma anche, perché no, tradizionalisti, selettivi, nozionisti, mugugnoni, disfattisti, sempre pronti a buttarla sul rivendicativo, non quello serio (e ce n’è da rivendicare!), ma quello che maschera il vuoto di motivazione. La scuola reale è fatta di tutti questi approcci all’unico tema che è il solito antico tema: imparano, i ragazzi, o no?

1. Ho incontrato un sacco di maestre, dell’infanzia e della primaria, sostenendole nelle loro sperimentazioni (vedi foto). Le ho incontrate insieme alle loro colleghe professoresse della secondaria di primo grado, impegnate tutte, e talora precettate dalle loro dirigenti (si perdoni il femminile, ma quando hai davanti il 99 per cento di donne la grammatica mi appare davvero immorale…), nella questione delle Indicazioni nazionali 2012, quelle Misure di accompagnamento che, appunto, necessitano di accompagnatori. E così in Sicilia a Misilmeri, Villafrati e Mezzojuso come a Corleone e Chiusa Sclafani, a Gela, a Siracusa, ma anche nel Lazio, ad Anagni e a Ferentino, si è lavorato sul curricolo verticale, che è quella cosa un po’ oscura per cui bisogna capire tutti che i bambini primari non diventano ragazzini secondari così, solo perché da una o due maestre passano a dieci professoresse, ma lo diventano se sono accompagnati (rieccolo!) dagli insegnanti nell’avventura dell’apprendimento in modo graduale e concordato.

Ma c’è chi ha a continuato a lavorare sulla motivazione allo studio in Sicilia nell’ambito del Comenius Regio, grazie all’USR Sicilia. Ci hanno lavorato sempre i colleghi della “Guastella” di Misilmeri insieme a quelli della Tomasi di Lampedusa e a quelli dei Licei di Catania, che hanno accettato la scommessa di continuare a ragionare di motivazione allo studio pur in un contesto (appunto i Licei) in cui la demotivazione non si manifesta come dispersione e abbandono ma come distrazione e irrilevanza. La dispersione scolastica è al centro del lavoro di una grande rete di scuole del primo e del secondo ciclo coordinata dalla DD di Pallavicino, che ho l’onore di accompagnare ormai da quasi un anno, mentre la motivazione allo studio ha interpellato i colleghi dell’ITC “Dalla Chiesa” di Partinico, e si sa che in quelle scuole essa rappresenta il cuore della questione didattica.

Gia, le scuole superiori. Anch’esse quest’anno hanno dato un bel da fare. Il tema forte rimane quello delle competenze, quest’altra cosa un po’ oscura che l’Europa e l’Italia pretendono dagli insegnanti (qualcuno al MIUR ha fatto un’indagine sul tempo e sul modo impiegato dai docenti a certificare le competenze al termine del biennio?) senza che gli insegnanti abbiano avuto tempo e modo – e risorse – per rendersi conto che apprendere nella società conoscitiva e’ tutt’altra faccenda rispetto a quando eravamo studenti noi. Ma non solo competenze. L’altra questione cruciale resta quella della valutazione, che ha percorso come un filo rosso tutti i discorsi fatti quest’anno nelle scuole. E così nel Molise, a Termoli e Isernia, e ancora in Campania ad Ercolano, e qui in Sicilia a S. Agata di Militello e a Partinico, come all’ IP “Cascino” di Palermo, non è stato possibile ignorare il nesso strettissimo che chi va in classe facilmente istituisce tra motivazione, insuccesso e valutazione. E il volerci ragionare con lo sfondo delle competenze ha rappresentato la sfida più impegnativa perché è quella che integra indissolubilmente (e gramscianamente) educazione e istruzione, tradizionalmente separate nel retorico didattichese imperante.

2. Ancora. Ci sono luoghi in cui sei chiamato da “esperto” e ci sono luoghi in cui vai come in famiglia. Il CIDI e l’Agesci sono questi. Il CIDI anche quest’anno ha lasciato il segno nella scuola. Tanto lavoro a Roma, col grande Beppe Bagni al timone del CIDI nazionale, tanto lavoro nei CIDI di tutta Italia e tanto lavoro nel CIDI di Palermo – che ha festeggiato insieme agli amici di sempre i suoi 30 anni di vita – sotto la guida dei valorosissimi Silvio Vitellaro e Valentina Chinnici. L’Agesci, sigla scout per chi non lo sapesse, lavora da sempre nella formazione. Non sono mai stato scout ma queste persone le incontro volentieri perché sono un raro esempio di entusiasmo e vitalità, insieme a desiderio di conoscere, discutere, approfondire. E finisci per incontrarli dovunque, nel Lazio a Bracciano, e in Sicilia a S.Giovanni la Punta, a Naro, a Terrasini, a Capaci, a Castellammare, nei dintorni di Palermo.

3. Ci sono anche luoghi della lettura e della scrittura per gli insegnanti che vogliono coltivare il cosiddetto Sé professionale. Tutti annunciano una stagione di rilancio della formazione e dell’aggiornamento, ma non si muove granché a livello istituzionale. Promettono valutazione e riconoscimento del merito, ma non una sola parola su ciò che li rende possibili, appunto la formazione. Non ti curo per 20 anni, ti lascio morire, poi valuto che sei morto e riconosco che non hai “meriti”. E per avere un po’ di formazione di qualità allora ci si dà da fare come si può, anche col passa parola, o con luoghi storici della lettura come la Tecnodid, che recentemente, grazie alla dedizione del patron Antonio Crusco, ha anche avviato una scuola per formatori; ci si tiene stretti a letture di alto livello, come quelle che propone Insegnareonline di Mario Ambel o Voci della scuola di Giancarlo Cerini e Mariella Spinosi o ancora la Rivista dell’Istruzione diretta sempre da Cerini o certi siti che val la pena frequentare e che questo blog segnala. Anche un periodico cartaceo come “Le nuove frontiere della scuola” di Salvatore La Rosa, edito a Palermo, col suo taglio tematico è davvero prezioso per la riflessione sulle questioni formative.

4. Ma occorrerebbe uscire dalla logica del volontariato per erigere a sistema e generalizzare la prassi dell’autoformazione. Su questo la politica è distratta e quando se ne interessa lo fa solo per risparmiare. La scuola reale che ho avuto l’onore e il privilegio di incontrare non merita questa disattenzione della politica e dell’opinione pubblica. Forse le prossime generazioni ricorderanno questa stagione come una stagione di vera banalizzazione del discorso pubblico sull’istruzione che ormai è solo un discorso ordinamentale, occupazionale e finanziario. E valutativo (?). Dopo l’ultima prova Invalsi alle superiori, una mia alunna quindicenne, Martina, ha commentato così, dimostrando di avere capito tutto: “Prof, a questi quesiti una risponde in modo svogliato…”. Alla faccia del discorso culturale. Come se si potessero immaginare le competenze (Invalsi rileva competenze? Mah!) al di fuori della motivazione a svilupparle e dell’attribuzione di significato suscitata negli studenti da quest’impresa.

Solo chi va in classe ogni mattina e incontra nel pomeriggio coloro che vanno in classe può testimoniare quanta ricchezza professionale c’è in giro, una ricchezza che non riesce ad essere messa fuori gioco dal fuoco amico (?) di politiche scolastiche schiacciate su registrazioni di risultati piuttosto che su innesco di processi virtuosi. E’ la stessa ricchezza che esprimevano amiche e amici conterranei che non ci sono più e a cui dedico queste note: a Filippo Spagnolo, cultore della ricerca in didattica, a Paola Fertitta, amante della letteratura, ad Alessandra Siragusa, appassionata di tutti i bambini e i ragazzini di tutte le scuole, a Poldo Ceraulo, mite e sapiente studioso del sistema, che ha vissuto sperando invano che la scuola diventasse un po’ peggiore dei suoi decisori politici e sindacali. E invece, ahimé, é davvero migliore.

Auguro a tutti di pensare e vivere la scuola come la pensa e la vive un altro caro amico il cui entusiasmo da ultraottantenne non finisce mai di sbalordirmi e da cui tanti giovani colleghi quarantenni attardati su pensieri e prassi da anni Cinquanta potrebbero trarre esempio: Maurizio Tiriticco. 

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Maurizio Tiriticco ex Dirigente tecnico ed esperto conoscitore della scuola

 

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Informazioni su Muraglia

Insegnante, blogger di servizio

Pubblicato il 19 luglio 2014, in Educazione e scuola, Esperienze con tag , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.

  1. Bellissimo, Maurizio. Questo post è uno dei migliori che ho letto di te, da quando ti leggo… è pieno di amore per il lavoro che fai, di rispetto per chi insegna, in qualunque modo lo faccia. E’ grato verso i maestri e attento verso gli allievi.

    Grazie.

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