Archivio mensile:giugno 2021
Un libro che chi insegna deve avere

La democrazia non si insegna, come nessun valore importante può essere trasmesso come fosse un compito di studio. I nostri valori fondamentali si devono testimoniare e far “respirare”, grazie ai luoghi pubblici civili che sappiamo allestire. La scuola è il primo luogo istituzionale che i bambini e le bambine incontrano che deve avere questa caratteristica (Bagni)
La scuola deve reagire alla fretta, alla rapidità; imporsi la lentezza della riflessione, prendersi per mano e non spingere (Buondonno)
Un libro che serve per….
riaccendere il desiderio di insegnare
collocare il fare scuola dentro cornici serie e profonde, non retoriche, non demagogiche, non politicamente ruffiane
ritrovarsi in presenza, stare insieme, discutere con qualità
Dimostriamo che qualità non è sinonimo di nicchia. Mercoledì 23 ai Cantieri Culturali della Zisa a Palermo.
“Non sarà un esame di serie B”

Circola questo proclama del nostro Ministro in questi giorni, non nuovo per la verità. Sempre i ministri hanno proclamato la serietà degli esami, ma nel contesto attuale – come già lo scorso anno – l’enfasi prodotta sembra ancora più incisiva. Una lettura impertinente però mi induce un interrogativo decisivo: come sarebbe un esame di serie B? Meglio: da cosa si evincerebbe che si stia giocando in serie B? E ancora: come potrebbe il Ministro determinare che tutti giochino in serie A? Manderebbe ispettori? Ispettori che si inserirebbero tra una domanda e l’altra del colloquio? Per renderlo più impegnativo? Oppure che tirerebbero le orecchie ad eventuali presidenti compiacenti? E ancora: la serietà di un esame da dove si vedrebbe? Dalla qualità dell’interlocuzione con gli studenti (processo)? Oppure dal punteggio finale (esito)? Come farà il Ministro a giudicare che si è trattato di un esame di serie A?
Non si sfugge mai alla sensazione che gran parte di queste dichiarazioni pubbliche abbiano più valore simbolico-mediatico che sostanziale. E che quindi l’analisi del loro contenuto debba muoversi, piuttosto che sul terreno della loro applicabilità, sul terreno dell’implicito emotivo che sottendono.
In Italia da tempo si dibatte sul senso del valore legale del titolo di studio. A questo dibattito, sempre da tempo, si affianca la riflessione sul nesso tra il contenuto dei nostri diplomi e le competenze effettivamente necessarie nei contesti lavorativi. L’elevatissima percentuale di promossi, ogni anno, fa storcere il muso peraltro a tutti i fautori della meritocrazia che vedono nell’esame ormai ex-maturità una pantomima senza alcuna attendibilità. Insomma, anche se si continua a dire che si tratta di una prova importante per i ragazzi, quasi una iniziazione alla vita post-scolastica, sono pochi disposti a riconoscere che in fondo la probabilità di esser bocciati a questo esame è molto remota.
È in questa cornice che probabilmente si inserisce il proclama ministeriale. Qui si fa sul serio, non si fanno esami di serie B. Nessuno pensi che l’esortazione ministeriale a essere comprensivi e la predisposizione di un esame con una sola prova orale significhi che il ministero voglia fare una sanatoria! Sarà un esame di serie A, dunque, è il messaggio. Che qui a questo punto riformulo: siate comprensivi ma non siatelo troppo. Comprendete che i ragazzi hanno vissuto un’annata complicata, ma non esagerate in questa comprensione.
In soldoni: quando il nostro alunno si accomoderà per sostenere la prova quale sarà il nostro atteggiamento? Empatico? Sì ma senza esagerare. Esigente? Sì, ma senza esagerare. E se sbaglierà le risposte? Tentare ancora? Sì, ma senza esagerare. E il voto finale? I bonus? Le lodi? Tutto senza esagerare né nel bene né nel male. Perché non può essere un esame di serie B, ma neppure la Champions. Dev’essere un esame di serie A, ma di media classifica. Non possiamo pretendere che giochino Inter o Milan, ma magari Sassuolo e Verona. Che navigano in acque tranquille e non rischiano di retrocedere in serie B.