Archivio mensile:marzo 2011
In piazza per la scuola pubblica
Dicono che eravamo circa tremila il 12 marzo a Piazza Verdi. E’ stata una buona rimpatriata, ma organizzata male. Chi ha organizzato si è limitato a predisporre un debolissimo altoparlante attorno al quale potevano ascoltare non più di una cinquantina di persone. Gli altri bivaccavano conversando tra di loro. Atto di mera presenza. E’ mancato un palco con un’amplificazione seria.
C’era tanta scuola pubblica ma poca cittadinanza. Segno eloquente che a Palermo il cittadino coincide in larga misura con l’intellettuale, di cui l’insegnante è una specificità. Il resto è mera sudditanza, per la quale la Costituzione è un concetto astratto.
La scuola non è la famiglia
“Gli insegnanti inculcano ai ragazzi valori diversi da quelli delle loro famiglie”. Come dire che la scuola pubblica fa esattamente quello che deve fare e lo fa bene. Se invece negli ultimi cinquant’anni avesse inculcato gli stessi valori delle famiglie, noi avremmo un Italia distrutta. Distrutta da tutto il pattume etico che, ahimé, percorre una grandissima fetta di famiglie italiane, al Nord come al Sud. La scuola è stato l’unico avamposto serio al familismo italiano, alla logica tribale, ai clan diffusi da Aosta a Pachino, ai campanilismi di tutte le specie che allignano fin dalla culla e insegnano a disprezzare chi non è del tuo stesso colore. La scuola si è messa di traverso. Maestre e maestri, professoresse e professori hanno praticato l’ascesi professionale richiesta dalla Costituzione. Sono diventati servitori dello Stato piuttosto che protesi delle famiglie. Lo hanno fatto tra luci e ombre, lo hanno fatto tra mille contraddizioni, lo hanno fatto più o meno bene, ma era chiaro a loro e a tutti che questo dovevano fare. Creare discontinuità tra l’ethos pubblico ed il familismo amorale diffuso, nutrito di stereotipi, razzismi di bassa lega e pulsioni viscerali da stadio. Gli insegnanti hanno inculcato ai ragazzi valori diversi da quelli delle loro famiglie. Sì, e devono continuare a farlo se vogliono che la scuola possa tentare di arginare l’ondata di vergognoso degrado in cui è piombata l’Italia di questi anni. Valori diversi. Sì, valori che dicano che lo spirito pubblico non è la somma dei condomini di una città. Lo spirito pubblico non è la somma dei cenacoli domestici. Lo spirito pubblico è il cemento che dice a ciascuno di noi che per vivere civilmente insieme è necessario tagliare un pezzetto di spirito familiare. E questo si impara a scuola. In quel luogo, cioè, che a chi dice “bastardo, devi morire” a chi non la pensa come la tua famiglia, risponde col cartellino rosso. E se a qualcuno oggi dispiace questo cartellino rosso, e si capisce bene perché gli dispiace, vuol dire che la scuola sgarrupata forse sta ancora facendo il proprio dovere.