Dieci tesi sul tumore maligno della nostra scuola: il voto in decimi

Manifesto solitario di un prigioniero politico

che beve ogni giorno lealmente la cicuta

  1. Il voto in decimi non misura alcunché. È una valutazione soggettiva (tautologia) espressa con numeri. Non essendo misura, nessuna oggettività è possibile con un voto in decimi. A meno che non scaturisca da una conversione di punteggi che a sua volta scaturiscano da test a risposta chiusa. Che dicono il dieci per cento della qualità dell’apprendimento.
  2. Non essendo misura, non se ne possono fare operazioni aritmetiche. Sarebbe come addizionare o dividere parole. I punteggi delle griglie valutative che poi generano voti sono altrettanto soggettivi del voto in decimi. Tant’è vero che prima si decide il voto e poi si “aggiusta” la griglia. Proliferano griglie ma il re é nudo e nessuno lo dice.
  3. La media aritmetica tra voti in decimi non è prevista da nessun ordinamento e porta indietro le lancette della storia scolastica dell’alunno: una persona anziana è una persona anziana, non è un giovane perché fa media col bambino che era. Se un tempo non sapevi guidare, poi hai guidato così così e oggi sai guidare, nessuno può affermare che guidi così così perché fa media con quando eri una schiappa. La media ha un senso solo per chi insegna in modo accumulativo e non evolutivo. Questo va spiegato ai software dei registri elettronici che chiedono la media e a moltissimi dirigenti e insegnanti che a quei software acquiescono.
  4. Il voto in decimi si presta al nobile sport dello psicovoto. Data la sua scarsità semantica, è possibile aggiungervi un segnetto, tipo “più” o “meno” o “mezzo” o talora, con effetto comico, “meno meno”. Con tutta evidenza si tratta di piscovoti perché chi li usa non fa altro che gestire relazioni con gli studenti, incoraggiando raffronti inutili e dannosi tra gli stessi. Se avessero un senso qualsiasi comparirebbero in pagella. Da cui invece devono rigorosamente sparire come abusivi.
  5. Il voto in decimi non è per niente adatto a descrivere competenze, che tutti si augurano di vedere negli studenti, anche quelli che le avversano perché… incompetenti in materia. La conversione dei livelli di competenze in voti è un’operazione priva di senso. Ma la si vede fare dappertutto. Anche in automatico nei registri elettronici, alla cui religione si votano folle di docenti e dirigenti in cerca di algoritmi senza anima.
  6. Il voto in decimi incoraggia le ambizioni competitive delle famiglie, avvelena i rapporti tra i ragazzi e (non sempre ma spesso) rende ambigue e opportunistiche le relazioni di questi ultimi con i docenti. Una politica scolastica contraria a tutte queste negatività dovrebbe abolirlo per sempre da tutti gli ordini di scuola. Come retaggio arcaico di una scuola da superare. Non integrarlo con altro, né arricchirlo, né spiegarlo: abolirlo.
  7. Il voto in decimi è diseducativo perché distrae i ragazzi dalla sostanza dell’apprendimento, che è ricerca, evoluzione, ostacolo, errore, e li concentra sulla valutazione dello stesso. Serve solo a tappare le bocche di eventuali contestatori perché in quanto numero ha la parvenza dell’oggettività e dell’esattezza. Miti estranei al processo del conoscere e dell’apprendere.
  8. Il voto in decimi, con buona pace di qualche docente che nutre ancora ideali di oggettività, non è sintesi di alcunché, perché i processi dell’apprendere ed il successo scolastico non possono essere quantificati e sintetizzati con un numero ma solo descritti e narrati.
  9. É mille volte preferibile l’ambiguità intrinseca della parola, che apre alla discussione, rispetto all’inganno del numero, che chiude la discussione. Si sa che la discussione è faticosa. Perché c’è il rischio che gli alunni abbiano ragione. Non la vogliono paradossalmente neppure gli alunni, perché ormai irrimediabilmente tossicovotodipendenti senza uno straccio di adulto che li faccia riflettere.
  10. La valutazione è ricerca, discussione, dibattito, obiezione. E diventa tanto più attendibile quanto più discussa con i ragazzi. Il risultato di una valutazione senza voti numerici lascia la sensazione di incertezza e di apertura. Il risultato di una valutazione con voti numerici lascia la sensazione della certezza e della giustizia, ma resta una sostanziale presa per i fondelli verso i ragazzi. Talmente presi per i fondelli che arrivano a pretenderla pur di scansare la soggettività di docenti di cui non si fidano e di portare a casa il trofeo che nutre i desideri di papà e mamma.

Compie dieci anni questa genialata di Mario Ambel. Riascoltarla ne vale la pena. Ne consiglio la versione audio.

Informazioni su Muraglia

Insegnante, blogger di servizio

Pubblicato il 16 novembre 2019, in Educazione e scuola con tag . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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