Archivi Blog

FACEBOOK, QUAL È LA TUA “RETTA VIA”?

Ritengo doveroso far conoscere quanto accade all’interno di Facebook, il più popolare dei social. Per diciassette anni me ne sono tenuto lontano, ma a partire dal 2021 ho ritenuto che potesse essere un buon canale di circolazione delle idee, e l’ho usato solo per questo, evitando come la peste aperitivi, feste di compleanno, tramonti e altra materia futile. I miei post hanno sempre avuto un carattere garbato e rispettoso, anche quando esprimevano critiche. Mi occupo di scuola.

Nel febbraio del 2023 questo articolo sulle famose manganellate agli studenti viene rimosso perché “fuorviante”. Quest’anno, un commento alla misura ministeriale del Capolavoro degli studenti viene rimosso perché “fuorviante”. In questi giorni, un ragionamento pubblicato su questo blog a proposito del divieto ministeriale dei cellulari viene rimosso perché “fuorviante”. Le tre rimozioni hanno qualcosa in comune? Evidente: sono delle critiche a questo governo.

Perché, si dirà, Facebook non contiene critiche al governo? Eccome! E anche sguaiate. Accuse di fascismo, insulti e denigrazioni, tutta materia che però non risulta “fuorviante” all’algoritmo imbecille. E dunque? E dunque si scopre che se hai fatto indispettire qualcuno (o qualcuna) nella vita (e a me capita, perché ho il difetto di non mandarla a dire) questo qualcuno (o questa qualcuna) ha il potere di “segnalarti” a Facebook. La sua identità resterà anonima e tu sarai oscurato.

In questi giorni su Facebook mi sono pronunciato su un tema innocente, la qualifica di “prestigiosa” attribuita ad una scuola. Lo spunto era la revoca della nomina a DS di Giusto Catania. Il post è rimasto un paio di giorni. Era più innocente di un francescano. Ponevo soltanto dei quesiti di ordine pedagogico-culturale. Oscurato perché “fuorviante”.

Tiriamo le somme. Questo è un social che permette agli istinti più volgari di dire le peggiori porcherie e di oscurare invece chi ha la ventura di fare antipatia a qualcuno (o qualcuna). La segnalazione anonima mi suscita ricordi inquietanti. I naviganti di Facebook si costernano e si indignano, esprimendo stima e solidarietà, per tornare poi alle solite pratiche social nella speranza che qualcuno (o qualcuna) non si alzi la mattina e dica: “adesso basta tu non parli più”. Cioè che non capiti a loro.

Questo accade nella nostra Repubblica delle Banane.