Archivio mensile:gennaio 2023

Che Dirigenti scolastiche/i vogliamo?

L’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia avvia dal prossimo 8 febbraio una formazione (“alta”, così la chiamano) per le dirigenti e i dirigenti scolastici della scuola siciliana. Poiché sono un insegnante e ho sempre ritenuto che dalla qualità della dirigenza dipenda in larghissima misura la qualità ed il benessere di una scuola, ho voluto curiosare nel programma, postato dal sito USR il 27 dicembre scorso, per vedere che tipo di dirigente ha in mente l’amministrazione. Non che non sapessi che ormai gli inquilini delle presidenze scolastiche si occupano (non per loro volontà!) di tutt’altro che del motivo essenziale per cui quella roba lì si chiama “scuola”, ma ho voluto cercare conferma (o disconferma) tra i temi che affronteranno nelle 10 ore (sic!) previste per la loro, come la chiamano, “formazione”.

L’incontro finale (lo chiamano Masterclass) sarebbe l’unico che si occupa di questioni educative. La spruzzatina pedagogica risulterebbe affidata ad una professoressa universitaria che in questo momento impazza sul web per le sue modalità comunicative seducenti. Si chiama Daniela Lucangeli e garantisce sempre ampie platee osannanti per la sua capacità di divulgare alcuni capisaldi, abbastanza noti a chi studia e non timbra il cartellino, della pedagogia novecentesca. Sic tempora sunt.

Le tematiche proposte hanno a che fare con le preoccupazioni tipiche degli ex docenti che oggi dirigono le scuole: diritto amministrativo, contenziosi, questioni di privacy, teorie della comunicazione e questioni digitali. Chissà se qualcuno ha suggerito al nostro USR tematiche del genere:

Il disagio giovanile nell’età contemporanea

La progettazione formativa del curricolo

La dimensione formativa della valutazione

L’interazione con le famiglie

L’evoluzione epistemologica dei saperi

Non credo. Ciascuna di queste meriterebbe chissà quante ore di lavoro. Eppure, se ci pensiamo, potrebbero riguardare i nostri dirigenti per il semplice fatto che sono il cuore della scuola: gli allievi e i loro sfondi familiari, il curricolo e la valutazione, le discipline scolastiche. Insomma il chi, il cosa e il come.

Sarà la fascinosa Lucangeli a distillarle in un pomeriggio?

Tanto belli quanto inutili

Alcuni anni fa ci provò Recalcati, col suo erotico “L’ora di lezione”. Grande successo. L’uomo sa scrivere. Quest’anno ci ha rimesso mano Zagrebelsky, col suo “La lezione”. Entrambi, of course, non sono insegnanti di scuola. Nel suo, l’insigne giurista esemplifica sempre pensando ai suoi studenti universitari. Anche il suo libro si fa apprezzare. Scritto bene, con passione e cultura. Sono libri che contengono cose belle, ma è difficile che a leggerli sia il lettore implicito da essi presupposto, cioè chi fa tutt’altro in classe. Chi non fa per niente le cose scritte in quei due libri non ha motivo di leggerli, e se li leggesse non saprebbe di che parlano. Quindi sono libri sostanzialmente inutili, perché confermativi presso coloro che poi realmente li leggono. Cioè sono esteticamente utili, ma non spostano una virgola.

Non spostano una virgola perché non mutano il dosaggio tra chi cerca di rendere la lezione un evento della mente, o dantescamente dell’emozione intellettuale se si vuole, e chi, pur volendo fare lo stesso, non sa farlo, o se sa farlo non lo fa perché il burocrate che è in lei o in lui prevale. Questa seconda antropologia docente è quella più diffusa, e pertanto la referente principe delle sparate ministeriali. Asfaltata dal sistema tecnocratico che assume la veste del concorso a cattedra quizzologico e nozionistico, di qualche dirigente ansiogeno più realista del re, del registro elettronico idiota che propone mezzi e quarti di voto, di famiglie legate a ricordi da libro Cuore che sfornano ulteriori banalità da bar quando discutono di scuola, di una cultura valutativa demenziale tutta intrisa di medie e percentuali in cui sguazzano gli illusi dell’ossimorica valutazione oggettiva e del migliorabile-solo-ciò-che-è-misurabile.

Sono libri che presuppongono che chi va in classe sia una donna libera o un uomo libero. Merce rara. Ma quando accade tutto è lezione, come provai qualche anno fa a raccontare qui, con ben più scarsa tiratura.